Ugo De Grandis, Malga Silvagno. Il giorno nero della Resistenza vicentina.
30 dicembre 1943 – L’eliminazione della componente comunista
del “gruppo di Fontanelle di Conco”,
Edizioni Grafiche Marcolin, Schio 2011, pp. 448, prezzo non indicato
Autunno 1943. Sulle pendici dell’Altopiano di Asiago si consolida un consistente distaccamento partigiano nato dalla fusione tra un gruppo di apolitici renitenti alla leva e quattro militanti comunisti reduci dal confino. Sul distaccamento convergono gli interessi contrastanti delle organizzazioni clandestine che stanno abbozzando le prime forme di resistenza armata: il Comando Militare Provinciale di Vicenza, a guida badogliana; un secondo Comando Militare Provinciale, denominato “CMP Dalla Pozza”; la Federazione vicentina del PCI; il Comando regionale delle Brigate “Garibaldi” e un gruppo di ufficiali in forza al Distretto Militare del capoluogo.
Le prime azioni armate promosse dai quattro comunisti provocano una frattura insanabile con la componente apolitica del distaccamento, che non approva il loro attivismo. Sobillati da un ambiguo personaggio di provata intimità con gli ambienti fascisti, alcuni giovani si presteranno ad assassinare i quattro comunisti e ad occultarne i cadaveri.
Un rastrellamento condotto dai reparti nazifascisti una decina di giorni più tardi porterà alla cattura di tre dei quattro giovani maggiormente indiziati dell’assassinio, che saranno poi fucilati all’interno del Castello inferiore di Marostica. Il quarto indiziato, arruolatosi nelle file della Polizia Ausiliaria di Vicenza, morirà nel novembre 1944 al centro di un’oscura vicenda che rivelò i contatti in corso tra Resistenza moderata e alcuni esponenti del fascismo vicentino per una resa pacifica e senza spargimento di sangue.
Le indagini condotte dopo la Liberazione dalla Federazione vicentina del PCI metteranno in luce le circostanze in cui l’eccidio venne consumato, permettendo di risalire ai nomi dei presunti responsabili materiali e morali. Ciò nonostante, al pari di tante altre morti misteriose avvenute a causa del dissidio tra le due anime della Resistenza ‒ quella autonoma e quella comunista ‒, nessuna inchiesta ufficiale venne mai promossa e l’episodio finì nel nulla: altri quattro cadaveri scomodi che la ragion di Stato volle far scomparire in uno dei tanti armadi della vergogna di cui l’Italia sembra non poter fare a meno.
Le polemiche e la strumentalizzazione mediatica scatenatesi intorno all’episodio di Malga Porzûs (l’uccisione di 17 partigiani della Brigata “Osoppo” ad opera dei partigiani legati al PCI, nel febbraio 1945) avevano fatto sorgere nell’autore di questo volume, fin dai primi anni Novanta, il desiderio di ricostruire una volta per tutte la storia della “Porzûs vicentina” del dicembre 1943 ‒ in cui i ruoli risultano invertiti, visto che in questo caso le vittime dell’eccidio furono dei comunisti ‒, una vicenda sulla quale le forze politiche uscite vincenti dalla lotta di Liberazione pattuirono di stendere un velo di oblio.
La ricerca che viene qui presentata, basata su una documentazione inoppugnabile, restituisce alla storia e alla memoria collettiva, dopo quasi settant’anni di silenzio, quattro partigiani brutalmente assassinati da altri partigiani.
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