Pelai Pagès i Blanch, War and Revolution in Catalonia, 1936-1939 [Prefazione di Patrick L. Gallagher],
Brill, Leiden-Boston 2013, pp. XIV-247, € 109,00
Dopo lo scoppio della guerra civile spagnola, la Catalogna attraversò una profonda crisi rivoluzionaria. La forza del suo movimento operaio e delle sue organizzazioni popolari spiega non soltanto perché fin dal 1931 essa era stata considerata come il “bastione della Repubblica”, ma anche come mai le classi subalterne videro nella profonda crisi creata dalla guerra cila possibilità di realizzare ampie trasformazioni sociali.
In questo volume ‒ traduzione inglese dell’ultima versione in lingua spagnola del suo Cataluña en guerra y en revolución (1936-1939), Ediciones Espuela de Plata, Sevilla 2007 ‒, Pelai Pagès analizza le varie tappe dell’evoluzione politica e militare della guerra civile in quella regione: gli scontri di strada che nel luglio 1936 sconfissero la ribellione golpista dei militari, la rivoluzione sociale che pervase a tutti i livelli la vita quotidiana ‒ non soltanto sul piano politico ed economico, ma anche su quello culturale ‒, l’erosione progressiva del potere proletario determinata dall’azione del governo collaborazionista di classe del Frente Popular ‒ e in primo luogo dalla sua componente staliniana ‒, l’estremo tentativo rivoluzionario effettuato dalle organizzazioni di sinistra nelle Giornate di Maggio del 1937 e, infine, la conquista della Catalogna ad opera delle forze franchiste nel gennaio 1939.
L’autore dimostra come la guerra civile venne in realtà sabotata dai capi repubblicani (borghesi, piccolo-borghesi, socialdemocratici e stalinisti, ma anche anarchici) che, nell’intento di subordinare la rivoluzione alla vittoria militare e alla collaborazione governativa, imposero il potere borghese ai lavoratori, attaccando i loro organismi di base e vanificando in tal modo gli sforzi e i sacrifici delle masse insorte.
Così, al pari del governo centrale, anche la Generalitat catalana si batté su due fronti: su quello strettamente militare, contro il sollevamento dei golpisti capeggiati dal generale Francisco Franco; e, su quello politico, contro l’estendersi e l’approfondirsi del contropotere rivoluzionario, che minacciava tutte le componenti di un repubblicanesimo intento a salvaguardare l’economia capitalista e lo Stato borghese. Questa duplice dinamica attraversa gran parte del periodo preso in esame.
Il libro contiene una nutrita appendice documentaria che raccoglie una serie di documenti d’archivio. Tra questi segnaliamo una lettera redatta il 14 luglio 1938 nella prigione di Stato di Barcellona e firmata da Wilebaldo Solano e da altri dirigenti del Partido Obrero de Unificación Marxista ‒ il partito antistalinista di sinistra che era stato messo fuorilegge nel giugno 1937 ‒ imprigionati oltre un anno prima dal Frente Popular presieduto da Juan Negrín. I firmatari di quella lettera tratteggiavano un terribile bilancio, all’epoca necessariamente parziale e impreciso, della repressione governativa messa in atto contro il loro partito e i suoi amici politici:
“Andreu Nin è stato rapito e assassinato dai soldati mentre si trovava nel carcere di Alcalá de Henares. (…) Mesi dopo il giornalista marxista austriaco Kurt Landau venne rapito a Barcellona. Non è più ricomparso; di sicuro anch’egli è stato assassinato. (…) [Joaquín] Maurín è detenuto a Saragozza o a Salamanca. Poco tempo dopo un militante operaio di vecchia data e uno dei combattenti delle eroiche giornate della milizia, il nostro commissario [di battaglione] Marciano Mena, venne giustiziato a Lérida. A distanza di mesi, sul fronte orientale, due dei nostri vecchi membri, Hervás e Trepat, (…) furono uccisi con un colpo alle spalle. L’8 maggio di quest’anno il nostro compagno Francisco Piña Orce è stato giustiziato, insieme ad altri undici detenuti, nel campo di lavoro di Ornells de Nagaya, nella provincia di Lérida.”
Il volume può essere richiesto direttamente alla casa editrice attraverso il seguente link: