Paul Frölich, Autobiografia. Dalla Lipsia operaia di fine ’800 all’azione di marzo del 1921


 

 

Paul Frölich, Autobiografia.

Dalla Lipsia operaia di fine ’800 all’azione di marzo del 1921,

Edizioni Pantarei, Milano 2010, pp. 254, € 20,00

                                                                                                                                          

Una delle prime iniziative dell’Internationaal Instituut voor Sociale Geschiedenis (IISG) di Amsterdam ‒ racconta Maria Hunink, che ne è stata per lungo tempo bibliotecaria ‒ fu la proposta fatta nel 1935 a diverse «figure di spicco del socialismo» di mettere per iscritto i loro ricordi. Tra i pochi che accolsero quell’invito figurava il nome di Paul Frölich (1884-1953), le cui memorie vengono ora pubblicate in italiano, in prima edizione mondiale. Esse ci forniscono un affresco del movimento operaio tedesco del primo ventennio del XX secolo attraverso il prisma delle esperienze personali dell’autore che, muovendo dalla propria infanzia nella Lipsia operaia di fine Ottocento, si sofferma poi sulla propria militanza iniziale nelle file socialiste ‒ egli aderì al Partito socialdemocratico (SPD) nel 1902 ‒ e, dopo la capitolazione del 4 agosto 1914, sul lavoro di costruzione di un partito comunista in Germania.

Consacratosi al giornalismo a Lipsia, Frölich frequentò la scuola di partito del SPD e fu allievo di Rosa Luxemburg, legandosi ai militanti rivoluzionari di Brema: nel 1914 aderì al gruppo dei Linksradikalen che si oppose alla politica bellicista della maggioranza del partito, schierandosi successivamente con la «sinistra di Zimmerwald». Fondò con Johann Knief il settimanale Arbeiterpolitik, che nel 1916-18 diede voce all’ala sinistra della socialdemocrazia a Brema, e prese personalmente parte alla Conferenza di Kienthal dell’aprile 1916, dove sostenne posizioni analoghe a quelle di Lenin. Mobilitato alla fine di quell’anno, Frölich venne assegnato al fronte orientale, ma nell’estate del 1918 fu internato in una clinica psichiatrica in seguito alla stampa di un volantino contro la guerra. Liberato dalla rivoluzione di novembre, fu tra i fondatori del giornale Die Rote Fahne, che diventò l’organo del Partito comunista tedesco-Spartakusbund (KPD-S) creato nel dicembre 1918, della cui direzione egli entrò a far parte. Al II Congresso del KPD (ottobre 1919) Frölich criticò la «passività» di Paul Levi, e al III Congresso (febbraio 1920) difese la «teoria dell’offensiva».

Dalle pagine delle sue memorie emergono non soltanto le figure di molti esponenti di primo piano del movimento internazionalista di allora (dalla Luxemburg a Karl Liebknecht, da Leo Jogiches a Karl Radek, da Anželika Balabanova a Heinrich Brandler, per citarne soltanto alcuni), ma tutta un’epopea ‒ sul cui sfondo si staglia la rivoluzione vittoriosa dell’Ottobre 1917 in Russia ‒ di tentativi rivoluzionari falliti in Germania: dai primi «moti spartachisti» del novembre 1918 fino all’«azione di marzo» del 1921, passando per la Repubblica bavarese dei consigli dell’aprile-maggio 1919, alla quale Frölich partecipò attivamente; riuscito a sfuggire alla repressione che ne seguì, fu costretto alla clandestinità per diversi mesi.

Come sottolinea la nota editoriale che apre il volume, Frölich offre «un punto di vista inusuale e particolarmente illuminante sul perché la rivoluzione internazionale iniziata vittoriosamente in Russia sia stata tragicamente sconfitta in Germania. Se si volesse riassumere in una frase la verità che trapela da quasi ogni pagina, le cause della sconfitta risiedono nell’assenza del partito rivoluzionario e nell’impossibilità di rimediare a tale mancanza nel pieno di una crisi rivoluzionaria. (…) Bisogna imparare dagli errori della generazione di rivoluzionari tedeschi di cui Paul Frölich si rende portavoce attraverso queste memorie. È il modo migliore per rendere omaggio alla grande mole di lavoro, impegno, sacrificio, entusiasmo e passione rivoluzionaria che esse ci consegnano.»

Fino a qualche anno fa, Frölich era noto ai lettori italiani soprattutto per la sua biografia della Luxemburg (Rosa Luxemburg, La Nuova Italia, Firenze 1969; successivamente riproposta da Rizzoli, Milano 1986). L’unico altro suo lavoro pubblicato in precedenza risaliva ai primi anni Venti del secolo scorso (P. Werner [pseudonimo di P. Frölich], La repubblica bavarese dei consigli, Libreria Editrice del Partito Comunista d’Italia, Roma 1922; reprintato da La Nuova Sinistra/Samonà e Savelli, Roma 1970). Alle Edizioni Pantarei va l’indubbio merito di aver riesumato nell’arco di un quindicennio, oltre a questa Autobiografia, altri importanti lavori di Frölich: Guerra e politica in Germania 1914-1918 (1995, con una nuova edizione riveduta e ampliata nel 2009); 1789. La grande svolta. Dalla burocrazia dell’assolutismo al parlamento della Rivoluzione (1998, riedito nel 2008); e Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp (2001), un volume collettaneo del quale Frölich fu il principale autore insieme a Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher.

 

 

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