Mauro Stefanini, Appunti e spunti. Criticando Negri. Per una critica marxista del pensiero di Antonio Negri (Prometeo, 2006)


 

 

Mauro Stefanini,

Appunti e spunti. Criticando Negri. Per una critica marxista del pensiero di Antonio Negri

[Prefazione di Celso Beltrami],

Edizioni Prometeo, Milano 2006, pp. 110, £ 10,00

 

                                                                                                                                          

Pubblicato ad un anno di distanza dalla prematura scomparsa dell’autore, questo lavoro, scritto nella prima metà degli anni Ottanta ‒ e contenente in appendice una recensione del volume di Michael Hardt e Antonio Negri, Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione (Rizzoli, Milano 2002), apparsa sotto il titolo «L’impero che non c’è: la moderna presentazione del vecchio superimperialismo» in Prometeo, VI serie, n. 5, giugno 2002 ‒, contiene una puntuale critica delle teorie di Toni Negri che mette a nudo tutte le incongruenze e le contraddizioni presenti nella sua eclettica reinterpretazione del pensiero di Karl Marx.

Si tratta di un lavoro non «di partito» ‒ Mauro era un militante di spicco del Partito Comunista Internazionalista/Battaglia Comunista ‒, ma destinato al completamento di un corso di studi universitari. Le circostanze della vita, però, hanno fatto sì che esso dormisse un sonno ventennale nel cassetto di una scrivania prima di essere (ri)portato alla luce. Come scrive Celso Beltrami nella sua prefazione:

«Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti e il quadro storico-politico è cambiato radicalmente. L’implosione del blocco sovietico, che ha trascinato con sé speranze e illusioni di milioni di proletari e di sistemi politici che sembravano eterni; la nascita dell’Euro e l’ancora balbettante tentativo del capitale europeo di costituirsi come polo imperialista antagonista a quello statunitense; l’acutizzarsi, dunque, delle rivalità imperialistiche con il moltiplicarsi dei focolai di guerra fin dentro l’Europa; gli sconvolgimenti della vecchia composizione di classe, la precarizzazione dilagante, la rapina del salario indiretto e differito (lo stato sociale), l’erosione di quello diretto, la delocalizzazione produttiva e la messa in concorrenza ‒ al ribasso ‒ della classe operaia mondiale, la conseguente passività finora dimostrata dal proletariato nei confronti dell’attacco profondo ad esso portato (…). Questi, in sintesi, i nuovi scenari entro i quali si trovano ad agire le sparute minoranze rivoluzionarie e chi, seppure in modo confuso e istintivo, continua ad avere come punto di riferimento del proprio agire sociale, della propria visione del mondo, la classe proletaria.

«Ma allora, che senso ha presentare ai lettori la critica ad una corrente politica che è stata spazzata via, prima ancora che dalla repressione statale, dai cambiamenti citati (…) e dalla sua profonda inadeguatezza teorica a comprendere la realtà? Noi crediamo che abbia un senso, soprattutto per le giovani generazioni, perché buona parte degli enormi abbagli che guidano il cosiddetto movimento no-global trovano la loro giustificazione teorica negli antichi e recenti contorcimenti di Antonio Negri. Nonostante le apparenze, tra il radicalismo verbale degli anni Settanta e la riproposizione in chiave moderna della vecchia ‒ e inconsistente ‒ teoria dell’ultra-imperialismo di Kautsky, vale a dire l’Impero, ci sono una consequenzialità logica e una coerenza veramente di ferro. Dal “passamontagna” citato nell’allora famosissimo Il dominio e il sabotaggio [1978], alla tuta bianca con cui esordirono i “Disobbedienti”, ciò che cambia è appunto soltanto un indumento. Gli errori metodologici di fondo che portavano a vedere un pullulare continuo di nuovi soggetti sociali antagonisti, che fantasticavano di immaginari contropoteri e ipotizzavano combattive avanguardie di fabbrica e ribelli poco più che adolescenti, sono gli stessi che nutrono le illusioni di migliaia di giovani in un altro mondo possibile… in un capitalismo riformato e riformabile.

«L’incomprensione o, peggio ancora, lo stravolgimento cosciente del marxismo veniva spacciato come una raffinata rivisitazione del marxismo medesimo, così come oggi la sua “rottamazione” è considerata la precondizione necessaria per un qualunque “discorso” sulla realtà. Se allora, in una specie di puzzle ubriaco, metteva assieme una serie di “dotte” citazioni di Marx per dimostrare l’indimostrabile, vale a dire che il capitalismo non si reggerebbe più sullo sfruttamento operaio, ora, con altrettanta disinvoltura, il professore ci spiega (almeno ci prova) che l’imperialismo, modo di essere del capitale, non esiste più, che il suo posto è stato preso da una politica, da un Impero. Questo non si alimenterebbe dello sfruttamento della forza-lavoro, poiché ogni momento della vita associata, di qualunque persona, “valorizza” il capitale. Addio classe operaia, addio lotta di classe, addio imperialismo: al loro posto rispunta il vecchio interclassismo piccolo-borghese che indossa gli abiti delle Moltitudini e dei loro portavoce, i “Disobbedienti”, nemici giurati di un Impero che assomiglia tanto all’impero del male di una famosa saga hollywoodiana.

«Purtroppo, però, la vita reale ha ben poco a che fare con i sogni hollywoodiani, soprattutto quella delle giovani generazioni, pur cresciute con gli occhi pieni delle fiabe cinematografiche e televisive. Per loro, il capitale ha preparato un presente e, ancor più, un futuro quanto mai incerto e fosco; per tale motivo, la pubblicazione di questo lavoro intende soprattutto essere uno strumento messo a disposizione di coloro che percepiscono questa società come profondamente ingiusta e ad essa non si rassegnano. Ma queste giovani generazioni ribelli sono destinate a bruciare inutilmente la loro rabbia fintantoché saranno guidate (…) da una visione completamente distorta delle dinamiche sociali e storiche, la stessa che, alla vigilia del più sconvolgente attacco sferrato dalla borghesia contro il proletariato da mezzo secolo in qua, con spavalda sicurezza affermava: “Il potere della separatezza proletaria ha già imposto formidabili ipoteche sulle articolazioni della distribuzione dei redditi, ha già avuto una ricostruzione della giornata lavorativa sociale che restituisce tempo e ricchezza al proletariato…” [A. Negri, Il comunismo e la guerra, 1980]. Se la correttezza di una teoria deve essere confermata dalla realtà, ogni ulteriore commento è superfluo.»

 

 

Il volume può essere richiesto direttamente

al Partito Comunista Internazionalista/Battaglia Comunista attraverso il seguente link:

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